Perché i genitori devono vedere Inside out con i propri figli

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Quando ho visto per la prima volta il trailer di “Inside out” ho pensato “Alla Pixar piace vincere facile“. Non è un grande segreto di marketing, ormai, il fatto che per vendere prodotti o trasformare click in azioni di conversione basti far leva sulle emozioni delle persone. Anche chi non ha una formazione pubblicitaria ormai coglie facilmente la differenza tra lo spot olimpico delle mamme P&G e un qualsiasi commercial anni ’90 di detersivi per la casa con la mamma che lava il pavimento, saltellando su décolleté  tacco 12. Non ci vuole molto quindi neanche ad immaginare che un intero film sulle emozioni sia praticamente un’azione di meta-marketing.

Poi ho letto una serie di articoli su Facebook e mi sono preparata al peggio: sono arrivata al cinema conscia del fatto che guardando Inside out avrei pianto (e molto pure) e che Tristezza sarebbe stata l’emozione-rivelazione del film.

In realtà il peggio doveva ancora arrivare. I primi 10 minuti sono stati un colpo al cuore: la protagonista del film, Riley, che vediamo felice e contenta nei primi anni della sua vita, assomiglia in modo spaventoso a mia figlia Sofia, 10 anni appena compiuti, capelli biondi, occhi azzurri e una certa predisposizione alla stupidera. Si differenziano solo per il fatto che una è fatta di pixel e l’altra di carne e ossa, una è fissata con l’hockey e l’altra è un’antisportiva degna della mamma. Guardo la bambina nello schermo e quella seduta accanto a me sulla poltrona rossa. Tac. L’immedesimazione è scattata. Sono fregata.

Da quel momento nel mio cervello inizia più che turbinio, un vero e proprio trip di emozioni, per cui seguo la storia della bambina del film e la paragono con quella della bambina sulla sedia, seguo la storia delle simpatiche emozioni del film e le paragono a quelle che mi frullano per la testa mentre guardo il film e faccio questi paragoni.

Insomma, sono entrata al cinema per vedere un film della Pixar e nel frattempo mi sembra di essere la protagonista di un film di Michel Gondry.

In tutto ciò la mia deformazione professionale, mi porta anche a cercare di seguire il film senza farmi sopraffare dalle emozioni e a cercare di leggere e analizzare i tanti significati pedagogici, sociologici, psicologici e antropologici. Ma è una battaglia persa in partenza.

Vedo Bing Bong, l’amico immaginario di Riley da piccola, una sorta di elefante rosa buono che guida un razzo a propulsione canora e piange caramelle e non capisco più niente.

E così anche le immancabili genialate pixar, come il pensiero astratto (solo quella scena meriterebbe l’Oscar) la Cineproduzione sogni (degna della golden age hollywoodiana di “Cantando sotto la pioggia”), la foresta del subconscio con il clown gigante (che tanto ci dice sull’immaginario americano), il motivetto pubblicitario che torna in testa quando meno te lo aspetti (io vorrei sapere chi si diverte nel mio cervello con “Le mucche fanno MU, ma una fa MU MU” alla tenera età di 33 anni), mi conquistano, mi fanno molto divertire, ma poi lasciano completamente spazio libero alle emozioni suscitate dal film.

Gli ultimi 20 minuti sono di pianto ininterrotto. Non piangevo così tanto al cinema dai tempi della Vita è bella.

Non vorrei fare terrorismo psicologico con chi non ha ancora visto il film, ma credo che ad ogni famiglia possa far bene una capatina al cinema per piangere insieme. Perché si piange di tristezza, ma anche di gioia.

Perché se noi genitori ci impegnassimo davvero a capire cosa sia, come si applichi e come si insegni ai figli l’intelligenza emotiva, le nostre famiglie vivrebbero molto meglio.

Perché a quel punto non avremmo bisogno di un film per capire che non esistono emozioni belle e brutte o emozioni giuste e sbagliate.

E non avremmo bisogno di un articolo per sapere che Tristezza è un’emozione-rivelazione.

Ma sapremmo che Tristezza è come un certo tipo di compagna di viaggio: per tutto il tragitto è pesante, ma alla fine ti porta a scegliere la strada giusta.

ps. Vi ricordate cosa avevo scritto qualche tempo fa sul vero amore negli happy ending di ultima generazione disneyana? Se non lo ricordate leggete QUI. Dopo Inside Out ho una nuova conferma per la mia teoria 🙂

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